Dopo le vacanze di Natale ci siamo ricascati. Il rientro al nido è stato difficile, scene di panico ogni mattina, urla disperate, lacrimoni, braccia serrate attorno al mio collo al grido di “Non mi lasciare quiiii”.
Morale: lui non voleva andare all’asilo e io non riuscivo ad andare al lavoro senza il groppo in gola.
Dopo una settimana di queste scene ero fisicamente provata tanto che, un giorno, sono arrivata in ufficio e sono scoppiata in lacrime. E dire che c’ero già passata e avevo già anche interpellato un’esperta.
Così stavolta ho deciso di rivolgermi non a una esperta, ma, nel dubbio, a due.
Ho chiesto aiuto alle dottoresse Rossini e Urso che si occupano di consulenza pedagogica (avete presente quelle dei meravigliosi libricini?).
Due giorni fa sono andata da loro insieme al BirbaPapà a sfogare tutte le mie ansie di mamma frustrata e le mie domande …
Quello che ho imparato ve lo riporto brevemente perché possa esservi d’aiuto, ma con due premesse:
- ogni bambino ha la sua storia
- non è detto che quello che va bene per il Ribelle, sia efficace anche per voi
Detto questo, la prima frase che mi ha rassicurata della dottoressa è stata che :
«E’ normale!».
Alla sua età (33 mesi ndr) sono ancora normali le urla e i capricci nel momento del distacco soprattutto dopo 15 giorni di vacanze di Natale (e questo lo avevamo già appurato l’anno scorso) perché per i bambini, un periodo di vacanza così lungo equivale a una roba del tipo: “per sempre” ossia, tradotto, sarò per sempre in vacanza e non tornerò mai più all’asilo.
Cioè lui era pronto a un cambio di vita, per intenderci.
Immaginate che trauma riportarlo all’asilo?
Quindi, se non ci sono altri segnali che fanno presupporre altri tipi di disagio (noi abbiamo verificato che , una volta chiusa la porta dell’asilo lui smette di piangere I N S T A N T A N E A M E N T E e le maestre hanno confermato che durante la giornata è un angelo) bisogna semplicemente risolvere il problema del distacco.
E qui la domanda della psicologa è stata diretta:
“Ma lei signora, è convinta di lasciarlo?”
Avrei voluto dirle : “MAQUANDOMAI!” però ho fatto finta di contenermi per la presenza del BirbaPapà e ho cominciato a mugugnare un “Si, certo…”.
E il problema è proprio questo: la verità è che io sono la prima a soffrire del distacco e lui, infingardo, lo sa e ci marcia.
Quindi, io per prima dovrei essere un po’ più risoluta e decisa nel lasciarlo all’asilo, spiegandogli, sempre, che io (o il papà) torneremo a prenderlo ma dandomi un tempo massimo di resistenza prima di chiudere la porta e abbandonarlo in lacrime.
Si fa così. Due minuti di affettuosi saluti e “Ciao amore” o altrimenti non se ne esce.
Tutto qui?
Si, perché il segreto è solo ascoltare il bambino e ascoltarsi, capire se il suo è un vero disagio ( e nel dubbio rivolgersi sempre a un esperto) o solo un capriccio e capire, soprattutto, se il suo è il riflesso di un nostro inconscio comportamento. Io, ad esempio, gli comunico che in realtà non vorrei mai lasciarlo… quindi poveretto è chiaro che lui pensi: “Perchè devo rimanere in un posto che nemmeno alla mamma piace?”.
Morale…è sempre colpa delle mamme.
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